Parola ai soci: Andrea Mariuz

Ritorna la rubrica dedicata alla voce degli associati ANCIS – Associazione Nazionale Consulenti Intelligence & Security.
Oggi conosciamo un nuovo socio, il dott. Andrea Mariuz, 
Colonnello in congedo dell’Arma dei  Carabinieri, con trentennale servizio effettivo come Sottufficiale ed Ufficiale, maturando esperienze nel tra le altre cose nel Nucleo Operativo, Polizia Militare e tutela del segreto.

 

1 – Cosa vuol dire per te Sicurezza?

Sicurezza vuol dire prevedere e prevenire l’evento avverso che può arrecare danno più meno significativo a persone cose o organizzazioni umane determinando una perdita tangibile degli  obiettivi della organizzazione di riferimento, con metodi e procedure che limitano se non abbattono il rischio che lo stesso evento  avverso si concretizzi.

Con queste premesse il campo di applicazione è indubbiamente vasto ed eterogeneo. Oggigiorno qualsiasi organizzazione di persone, produttiva, economica e di servizio è proiettata a considerare con sempre maggior peso l’incidenza dei fattori avversi considerandoli come danno economico alla struttura o alla organizzazione o per quel elemento che rallenta o inibisce il raggiungimento degli obiettivi prefissati (anche con danno di immagine).

Ne discende che i campi su cui concretamente operare, in una prospettiva di valutazione del rischio, per incrementare la sicurezza dei comportamenti e delle attività, compenetra in diverse banche e tematiche che riguardano la materia della sicura esecuzione di un lavoro (metodi –sistemi – procedure), il rapporto relazionale delle persone addette (metodi – procedure – expertise), la scelta di protocolli, di strategie, di condotte considerate più idonee ed opportune per evitare ogni evento avverso (gestione dello spazio nel tempo).

Da qui, non sono solo da considerarsi gli aspetti più tradizionali sul tema: cioè sicurezza intesa come metodo e procedure di tutela delle persone, del patrimonio e del bene (in senso lato); oppure valutazione critica e analitica sui collaboratori in ragione della loro fedeltà lavorativa e capacità professionale e produttiva; o ancora  come sicurezza dell’ambiente di lavoro intesa come tutela  del luogo e delle persone che vi operano.

Con una visione più estesa si può certamente far proiettare l’osservazione  e una  valutazione ad ampio spettro che si inserisca a pieno titolo nell’ elemento procedimentale di una organizzazione umana che si è prefissata degli obiettivi. Risulta dunque conveniente far sì che ogni attività organizzata, o meno, percorra delle direttrici “sicure” o “più sicure”, cioè che allontani, in maniera tangibile, la potenziale incidenza di pericoli (anche latenti) che possono sfociare in un incidente, inconveniente, evento avverso o mancato risultato. Sicurezza come certezza, dunque; sicurezza come affidabilità; sicurezza come garanzia di risultato.

 

2 – Su cosa stai lavorando attualmente?

È personalmente interessante ricercare quali possano essere gli elementi di raccordo o quali le tematiche in cui far sovrapporre l’elemento sicurezza agli elementi di efficacia ed di efficienza necessari, nonché di tutela e preservazione del bene non disgiunto dalla puntuale ricerca degli obiettivi, qualsiasi siano gli scenari organizzativi in gioco.

Fattore umano, fattori organizzativi, ambientali e di contesto, sono le variabili di un problema su cui lavorare. Anche tra gli Alti Dirigenti d’impresa, o figure poste al vertice di un’organizzazione, si è ormai cominciato a considerare, sempre in maniera più tangibile  questi fattori, in una  prospettiva “dell’operare in modo sicuro”, come significativi e determinanti per il raggiungimento degli obiettivi  e del “buon risultato prefissato”, riconoscendo che nel percorso produttivo o di organizzazione, l’incidenza di tali fattori, se diviene positiva, produce un tangibile  avvicinamento alla massimizzazione dei risultati; se negativa  le conseguenze dirette e consequenziali producono effetti primari, secondari, collaterali e derivati – sia immediati che a medio e lungo termine.

Torna alla ribalta dunque il concetto di sicurezza in termini generali (ma meglio dire: in più direttrici) soprattutto perché spesso, a posteriori, si conclude  che l’evento avverso si poteva evitare, o quanto meno limitare nei suoi effetti. Ne consegue che le conseguenze economiche dirette e indirette, le prospettive di  evoluzione (ma anche di ripercussione) tecnica, di sviluppo e di expertise, possono essere facilmente intuibili.

 

3 – Cita un progetto inerente la sicurezza che ti riguarda professionalmente in prima persona

L’interesse di studio su queste prospettive di sicurezza, intese come certezza della buona condotta, del buon funzionamento, del buon risultato, in un processo di valutazione del minimo rischio, sono emerse ripetutamente in sfaccettature professionali e di relazione a tal punto da convincere ad un  approfondimento e dare corso a ricerche sfociate poi  in un articolo recante il tema degli incidenti organizzativi poi pubblicato da riviste di settore.

 

4 – Perchè hai scelto ANCIS?

La realtà multiforme degli addetti che operano nel settore della sicurezza (tradizionale, anche se aggiornata dal progresso tecnologico) sono tendenzialmente delineanti però in campi di intervento e modelli operativi stereotipati, tendenti a vincolare  a un approccio monocromatico. L’interscambio culturale ed esperienziale mediato da una associazione che accomuna  intenti e che accolga novità di idee,  può certamente prospettare visioni nuove arricchite da scenari complementari.

 

Biografia di Andrea Mariuz

Colonnello in congedo (della riserva) dell’Arma dei Carabinieri, con 35 anni di servizio effettivo.

Da prima nell’Arma come Sottufficiale e poi come Ufficiale, ha maturato esperienza come Comandante di Stazione, come Sottufficiale addetto al Nucleo Operativo. Mentre da Ufficiale è stato al comando dei reparti di carattere operativo e territoriale, ma anche presso Grande Unità dell’Esercito per l’impiego in comando nella Polizia Militare e tutela del segreto.

 

Stress management – elaborato Andrea marino

In seguito al completamento del percorso formativo in “STRESS MANAGEMENT”, il socio Andrea Marino ha fornito disponibilità a rendere pubblico il proprio elaborato finale che proponiamo di seguito.

 

REPORT ANDREA MARINO – CORSO DI FORMAZIONE IN STRESS MANAGEMENT

Purtroppo a tutt’oggi, non viene presa in considerazione molto la salute sia fisica che mentale dei lavoratori che si trovano ad affrontare turni di lavoro pesanti e non poche difficoltà nell’ambiente lavorativo.

Anche a livello di Comunità Europea è alta l’attenzione sui rischi emergenti, in particolare con la messa a punto di indagini rivolte non solo a identificare e monitorare la situazione e i disagi derivanti da rischi psicosociali quali lo Stress, la violenza e le molestie.

Ho voluto analizzare il fenomeno dello stress management/lavoro. Negli ultimi anni ci sono stati diversi cambiamenti nel mondo del lavoro che stanno interessando il contesto economico e sociale contemporaneo. Se da un lato possiamo notare che globalmente si vanno ad esaltare i caratteri di una maggiore autonomia, creatività e competitività, aumentando notevolmente la percentuale di giovani che decidono di intraprendere uno o più percorsi universitari, per poter migliorare il proprio status lavorativo ed avere maggiore competitività sul mercato del lavoro; dall’altra parte purtroppo vi è l’aumento di situazioni di precarietà e vulnerabilità, le connesse sensazioni di tensione ed incertezza che vanno a compromettere la qualità della vita lavorativa.

La disarmonia fra sé stessi e il proprio lavoro, le esigenze imposte di un continuo adattamento ed un grado insufficiente di controllo sul proprio lavoro sono tutti elementi che vanno a incrementare l’insorgere dello stress legato all’attività lavorativa.

Si definisce Stress, quello stato, che si accompagna a malessere e disfunzioni fisiche, psicologiche o sociali che consegue dal fatto che le persone non si sentono in grado di superare i gap rispetto alle richieste o alle attese nei loro confronti.

Lo Stress di per sé, non è una malattia, bensì una condizione innescata nell’organismo umano da parte di una fonte o sollecitazione esterna che comporta una serie di adattamenti che, se protratti nel tempo, possono assumere carattere di patologia. Negli ambienti di lavoro si può definire quindi lo Stress da Lavoro Correlato, come la percezione di squilibrio avvertita dal lavoratore quando le richieste del contenuto, dell’organizzazione e dell’ambiente di lavoro, eccedono le capacità individuali per fronteggiare tali richieste (European Agency for Safety and Health at Work).

Esiste uno stress, a dosi accettabili, che ha effetti positivi sul nostro organismo, consentendoci di reagire in modo efficace ed efficiente agli stimoli esterni e di innescare un’adeguata soglia di attenzione verso le esigenze dell’ambiente; un’esposizione prolungata a fattori stressogeni invece, può essere fonte di rischio per la salute dell’individuo, sia sull’aspetto psicologico che su quello fisico, riducendo l’efficienza sul lavoro, in questi casi si ha un’incidenza maggiore di assenteismo, richieste di malattia e richieste di trasferimenti.

Importante sottolineare e distinguere il concetto di Stress Lavoro, da quello di Mobbing inteso come una persecuzione sistematica messa in atto da una o più persone allo scopo di danneggiare chi ne è vittima fino alla perdita del lavoro.

Un’altra distinzione opportuna da ricordare è quella relativa al fenomeno conosciuto come burn-out definito come: l’esito patologico di un processo stressogeno che colpisce le persone che esercitano professioni d’aiuto, qualora queste non rispondano in maniera adeguata ai carichi eccessivi di stress che il loro lavoro li porta ad assumere.

Questo fenomeno quindi, conosciuto già dagli anni ’70, è il risultato patologico di una componente di fattori di stress e di reazioni soggettive che colpisce diverse professioni  come ad esempio operai, impiegati e operatori sanitari, che porta il soggetto a non riuscire a scindere la propria vita privata dalla vita lavorativa e vi è da parte del lavoratore un’eccessiva immedesimazione nei confronti dell’oggetto della attività professionale, facendosi carico in prima persona dei diversi problemi.

Andrebbero attuate delle misure tecniche, organizzative e procedurali volte a ridurre il carico di stress e burn-out, quali riduzione del carico di lavoro, migliore turnazione, riduzione degli orari di lavoro, riposo e ferie, nuove assunzioni che possono sopperire alla carenza di personale in modo da ridurre gli straordinari.

Purtroppo ci sono molteplici punti sul quale bisogna lavorare per migliorare la qualità di vita dei lavoratori molto spesso ci si dimentica che prima di essere lavoratori sono persone umane, perciò va salvaguardata la loro salute fisica e mentale.

A cura di Andrea Marino

Corso gratuito in stress management [anche per i non soci]

A partire da gennaio 2021 è disponibile, in forma del tutto gratuita, il corso in e-learning "Stress management".

 

Composto principalmente da una dispensa e corredato da una presentazione esplicativa, il corso è un approfondimento molto attuale e valido in questa delicata fase delle nostre vite.

 

L'Associazione Nazionale Consulenti Intelligence & Security, che fa della formazione la sua mission principale, ha inteso rendere fruibile gratuitamente il percorso formativo che è stato già erogato negli ultimi mesi del 2020 ai soci ANCIS.

 

Per ricevere i materiali del corso basta cliccare il tasto di seguito o inviare una mail a info@ancisonline.com.

 

 

Auguri di buone feste

Con l’avvento del Natale salutiamo il 2020 con un messaggio del Direttivo ANCIS ai propri Soci.

 

Carissimi,

siamo ormai quasi al termine di quest’anno veramente difficile nel quale non solo il nostro lavoro, ma anche la nostra quotidianità ha subito un notevole stravolgimento.

Noi, come ANCIS, abbiamo cercato di stare “vicino” a voi soci attivando iniziative che, speriamo, si siano rivelate utili.

Abbiamo tanti progetti per il prossimo anno che speriamo di riuscire a mettere in atto. In particolare vorremmo incentivare il settore formazione creando una rubrica specifica alla quale invitiamo tutti a partecipare sia come fruitori che come implementatori.

Fiduciosi che il futuro ci riserverà giorni migliori e che torneremo a vivere con serenità, auguriamo a voi tutti ed alle vostre famiglie un buon Natale e un diverso anno nuovo, ricco di quello che ognuno desidera.

Un caro saluto.

Il Consiglio Direttivo dell’ANCIS – Associazione Nazionale Consulenti Intelligence & Security

 

Parola ai soci: Giuseppe Gorga

Nuova intervista con i soci ANCIS – Associazione Nazionale Consulenti Intelligence & Security.
Il primo appuntamento di dicembre è con il dott. Giuseppe Gorga, giurista specialista in materia di privacy, GDPR, e formazione giuridico-economica sulle nuove tecnologie. 

 

1 – Cosa vuol dire per te Sicurezza?

Secondo la mia visione il termine sicurezza riguarda tutte quelle misure da adottare per evitare problematiche serie in caso di emergenza, nel mio caso emergenze di tipo cyber e quindi cyber security.

 

2 – Su cosa stai lavorando attualmente?

Sto concentrando i miei sforzi da tempo sull’elaborazione di un testo che tratta le problematiche, molto attuali purtroppo, legate al cyber terrorismo. Il libro parlerà anche dell’evoluzione della sicurezza digitale in Italia.

 

3 – Cita un progetto inerente la sicurezza che ti riguarda professionalmente in prima persona

Segnalo con piacere ed interesse un progetto pilota proposto di concerto con l’ente Juribit per la Giustizia Digitale Europea nell’ambito del Forum PA Challenge.

 

4 – Perchè hai scelto ANCIS?
Ritengo che l’Associazione Nazionale Consulenti Intelligence & Security di cui faccio parte da quest’anno, sia un’organizzazione composta da grandi professionisti del settore e fortemente dedita alla formazione professionale.

 

 

Biografia di Giuseppe Gorga
Giurista, si interessa di privacy, cyber security, diritto digitale, crimini informatici, processo telematico.

Autore di contributi a taglio professionale su giornali e riviste online per le tematiche di competenza, è componente del Comitato Scientifico dell’ente di formazione Juribit, accreditato dal Ministero della Giustizia in materia di formazione giuridica ed economica e formazione nelle nuove tecnologie.

Componente dell’Osservatorio Information Security Privacy, ha in atto collaborazioni con enti di formazione in materia di privacy e nuove tecnologie. Inoltre è consulente giuridico di numerose associazioni, enti e strutture specializzate nel settore delle nuove tecnologie.

Ribellione al femminile

Per la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne cui ANCIS aderisce, il nostro Vice Presidente Valeria Lupidi ha prodotto un intenso elaborato che intendiamo proporre come lettura di riflessione non solo per questa giornata, ma per qualsiasi giorno dell’anno.

 

Il 25 novembre è la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, ricorrenza istituita il 17 dicembre 1999 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. La data non è casuale: in quel giorno del 1960 furono uccise le tre sorelle Mirabal, attiviste politiche della repubblica Dominicana. Le tre donne, mentre si recavano a far visita ai loro mariti in carcere furono bloccate sulla strada da agenti del servizio di informazione militare che le portarono in un luogo nascosto dove furono torturate, stuprate, massacrate a colpi di bastone e strangolate.

L’istituzione di una giornata mondiale per l’eliminazione della violenza sulle donne è sicuramente la presa di coscienza di un problema che esiste da quando esiste l’essere umano, ma che il vivere in società ha accentuato, complici alcune culture che si ostinano a ritenere la donna in essere inferiore.  D’altronde perché meravigliarsi se la religione, la storia, l’arte hanno evidenziato nel corso dei secoli questa inferiorità che conduce automaticamente al diventare vittima di violenza.

Partiamo dalla religione: Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli soggette ai loro mariti in tutto. (Lettera di San Paolo agli Efesini) e ancora: Alla donna disse: “Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà (Genesi 3, 16). Dalla donna ha avuto inizio il peccato, per causa sua tutti moriranno. Non dare all’acqua un’uscita né libertà di parlare a una donna malvagia (Siracide 25, 24) .

Con questi presupposti (e nella religione musulmana le cosa vanno anche peggio, come peraltro in quella induista) non c’è da meravigliarsi se, nei secoli, la condizione femminile è sempre stata quantomeno di sudditanza e se gli uomini si sono sentiti in diritto di perpetrare nei confronti delle donne ogni tipo di violenza.

Facendo un salto di qualche secolo (senza però dimenticare il periodo in cui l’Inquisizione bruciava le donne perché ritenute streghe, o quando, durante l’industrializzazione, donne e bambini venivano retribuiti meno degli uomini a parità di lavoro solo perché considerati “inferiori”), anche il nostro “civilissimo Paese” solo a fine ottocento ha consentito l’accessibilità per le donne agli studi superiori e la prima laureata si è avuta nel 1877.

Nel 1919 le donne hanno ottenuto la piena disponibilità dei propri guadagni e dei beni personali (fino ad allora gestiti dai mariti). Nello stesso anno è stata abolita l’autorizzazione maritale (ovvero per compiere qualsiasi atto la donna doveva avere l’autorizzazione del marito).

Il diritto di voto per le donne è stato consentito solo nel 1945. La riforma del diritto di famiglia, che ha riconosciuto il ruolo della donna all’interno della famiglia, è del 1975. L’art. 131 del Codice Civile del Regno d’Italia (rimasto immutato per 110 anni) recitava “il marito è il capo della famiglia….. la moglie è obbligata ad accompagnarlo ovunque…”, e l’art. 150 prevedeva che “non è ammessa l’azione di separazione per l’adulterio del marito, se non quando egli mantenga la concubina in casa…”.

Con questi antecedenti è quasi automatico che il ruolo e la dignità delle donne siano ancora calpestati e che tante siano costrette a subire violenza (ogni tre giorni mediamente viene commesso un femminicidio).

Le violenze subite non sono solo fisiche (le più evidenti), esistono quelle sessuali (che oltre l’atto in se stesso comprendono anche i matrimoni forzati, le avances non desiderate, impedire l’uso di contraccettivi per evitare gravidanze indesiderate, aborti forzati, mutilazioni genitali, prostituzione forzata, traffico di persone); la violenza economica (impedire alla donna l’accesso alle risorse economiche o al lavoro); la violenza spirituale (atteggiamenti volti a svilire i valori soprattutto religiosi); la violenza psicologica (terrorizzare con minacce e ricatti); la violenza domestica (perpetrata all’interno delle mura domestiche).

E queste violenze possono essere praticate in ogni fase della vita delle donne: in quella prenatale con gli aborti selettivi; nella fase dell’infanzia con infanticidi, maltrattamenti, violenza assistita, abusi; nella preadolescenza con matrimoni coatti, mutilazioni genitali, violenza sessuale, prostituzione; nella fase adulta con tutti quegli atti e atteggiamenti che abbiamo già elencato.

Se la situazione è grave nei paesi “civilizzati”, in altre parti del mondo è veramente drammatica: in Pakistan per ottenere il massimo della pena la donna che denuncia il suo stupratore deve presentare quattro testimoni maschi e non può testimoniare lei stessa; inoltre, la vittima che non riesce a dimostrare il reato viene incriminata per attività sessuale illecita, incarcerata o frustata pubblicamente.

Troppe sono le violenze di ogni tipo che ancora oggi le donne subiscono e non serve ricordarsene solo il 25 novembre per poi, il giorno dopo, far tornare tutto come prima. Il significato di questa giornata dovrebbe essere tenuto a mente tutto l’anno perché sia un monito contro ogni forma di violenza sul genere femminile ed un passo avanti contro l’eliminazione di ogni forma di sopruso.

Per fare ciò non basta parlarne e non è assolutamente sufficiente cercare di “rieducare” gli uomini violenti. Sono le donne che devono essere adeguatamente “educate”.

Il messaggio da gridare forte non è per una legislazione più dura (il Codice rosso ad un anno di distanza dalla sua emanazione non ha dato grossi risultati) o per una cultura che riconosca la parità di genere. Le donne devono capire che nessuno si può permettere di usare su di loro violenza per il solo fatto che appartengono al genere femminile. Basta giustificare i mariti e i compagni per i loro gesti di sopraffazione (mi mena perché mi vuole bene!). Bisogna imparare a reagire, a non sopportare, a non tollerare neanche il più piccolo tentativo di supremazia e a reagire adeguatamente.

Fino a che non si “sbloccheranno” le donne non sarà possibile trovare rimedio alla piaga della violenza. Non sono sufficienti le tante associazioni che sono sorte per tutelare ed aiutare le donne (chi ci si è rivolto spesso dichiara che non lo rifarebbe perché il calvario proposto è quasi peggio della situazione familiare).

Le forze dell’ordine che dovrebbero portare il primo aiuto e supporto alle vittime non sono adeguatamente preparate (location inadeguate per sporgere querela, operatori spesso privi di adeguata sensibilità e formazione). Le istituzioni sono spessissimo assenti o intervengono con un colpevole ritardo, quando ormai è troppo tardi.

Allora non resta che agire sulle donne per renderle più forti, più assertive e capaci di ribellarsi e non sopportare. Questo è un messaggio molto forte, ma non ipocrita.

Domani quando la giornata contro la violenza sulle donne sarà passata calerà di nuovo il sipario su tutte le tragedie che si consumano e si consumeranno. Si piangeranno nuove vittime. Ma la società continuerà a cercare soluzioni che non portano a nulla.

Mi piace concludere con una frase che rimando a tutte le donne che vorranno leggere questo articolo perché possano riflettere: il difficile non è raggiungere qualcosa, è liberarsi della condizione in cui si è!

A cura di Valeria Lupidi – Vice Presidente ANCIS – Associazione Nazionale Consulenti Intelligence & Security

parola ai soci cristina pase

Parola ai soci: Cristina Pase

Proseguono le interviste agli associati ANCIS – Associazione Nazionale Consulenti Intelligence & Security. Oggi spazio a Cristina Pase, web developer e professionista dell’innovazione tecnologica con il suo Pase Web Studio

 

1 – Cosa vuol dire per te Sicurezza?

Fondamentalmente per me significa sicurezza dei dati degli utenti, in particolare utilizzando certificati SSL per i domini e cifratura dei dati in fase di interscambio tra piattaforme.
Sicurezza quindi anche nei database: oltre che ad affidarsi a provider seri, strutturare i dati in modo che non siano chiaramente riconducibili al singolo, separandoli e cifrando soprattutto i dati sensibili.
La parola chiave per me è aggiornamento continuo sia in fase di formazione che di strumenti utilizzati.

 

2 – Su cosa stai lavorando attualmente?

Ho diverse richieste di scambio dati tra piattaforme web sviluppate in ambiti e tecnologie diverse con token di sicurezza e protocolli per la cifratura dei dati. E’ un ambito molto stimolante professionalmente.

 

3 – Cita un episodio inerente la sicurezza che ti riguarda professionalmente in prima persona

L’anno scorso ho partecipato ad una conferenza a Londra dove per due giorni si è parlato di blockchain e dei suoi possibili prossimi sviluppi.
Questa tecnologia che basa tutto sull’integrità dei dati e la loro trasmissione, è sicuramente ancora molto giovane e alcuni aspetti non sono del tutto stati risolti ma la community che ne è coinvolta è formata da persone molto innovative e propositive.
L’ambiente internazionale permette uno scambio di vedute a volte inaspettate e punti di vista rivoluzionari.

 

4 – Perchè hai scelto ANCIS?
Ho conosciuto l’anno scorso ANCIS perché riconosciuta dal Ministero dello Sviluppo Economico. In seguito sono entrata in contatto con i soci fondatori e ho trovato delle persone assolutamente positive e propositive. La loro serietà e professionalità permette di avere un gruppo di condivisione e collaborazione utile per tutti noi.

 

Biografia di Cristina Pase
Web developer freelance da oltre quindici anni, supporta principalmente le piccole e medie imprese a posizionarsi nel mondo del digitale utilizzando differenti tecnologie a seconda del prodotto richiesto.
E’ iscritta ad Unioncamere in qualità di innovation manager e si interessa da diverso tempo di blockchain partecipando a convegni internazionali.

Parola ai soci: Alfonso Raiola

Nuovo appuntamento con le interviste ai professionisti dell’ANCIS – Associazione Nazionale Consulenti Intelligence & Security. Il socio che ha risposto alle nostre domande questa settimana è Alfonso Raiola, Dirigente Operativo presso la Ottoservice Group, società di servizi di sicurezza integrati e fiduciari.

 

1 – Cosa vuol dire per te Sicurezza?
Il termine sicurezza esprime il suo concetto nell’etimologia della parola stessa. Lavorare o vivere in “sicurezza” significa essere senza preoccupazioni, prevenire quanto potrebbe avvenire in un qualsiasi sistema di cose al fine di evitare che quello stesso sistema possa produrre effetti o stati indesiderati. Il mio concetto di Sicurezza è inteso in maniera globale, mettere in campo cioè tutte le discipline tecnico-scientifiche al fine di proteggere l’incolumità di persone e strutture da eventi preterintenzionali o accidentali.

 

2 – Su cosa stai lavorando attualmente?
Attualmente sto effettuando una ricerca sui fenomeni criminali a sfondo religioso-settario legati alla mafia nigeriana (nata essa stessa alla fine degli anni Settanta come confraternita religiosa all’interno dell’Università di Benin) la quale con minacce di “maledizioni vudù” tiene sotto scacco adepti e vittime.

 

3 – Cita un progetto che stai realizzando in prima persona sulla sicurezza
Mi sto occupando della realizzazione e gestione di servizi di sicurezza passiva presso alcuni stabili plurifunzionali, servizi impostati in modo da rispondere a tutte le esigenze, sia sotto il profilo della security quanto della safety; dal controllo dei flussi di accesso al monitoraggio costante degli spazi comuni passando per la gestione ed il coordinamento delle sale operative presenti nei vari siti posti sotto la nostra sorveglianza.
Contestualmente sto collaborando con la Croce Rossa Italiana in qualità di volontario al fine di mettermi a disposizione della collettività in questo particolare, triste, momento storico.

 

4 – Perché hai scelto ANCIS?
La decisione di associarmi è motivata dal fatto che ANCIS è un’associazione riconosciuta a livello Ministeriale, offre una formazione accreditata continua e concreta, è rappresentata da ottimi e validi esperti e mi ha impressionato per la sua semplicità e la sua correttezza di informazioni, senza fronzoli ed iconografie cinematografiche varie.

 

Biografia di Alfonso Raiola
Nato nel 1974 è stato Sottocapo di Prima Classe della Marina Militare ed ha partecipato a diverse operazioni navali.
Ha esperienza decennale nel campo della sicurezza pubblica e privata, ed è un professionista nelle armi da difesa e da guerra. Pratica inoltre arti marziali quali Judo, Aikido e Krav Maga.
Nel tempo si è specializzato nelle investigazioni private, digitali forensi, e nelle tecniche della security.
È un appassionato ricercatore di storie e misteri religiosi.